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Con la pubblicazione della Sentenza n. 164/2012 la Corte Regolatrice dichiara l’applicabilità della SCIA (segnalazione certificata d’inizio attività) a tutte le materie, tra cui quelle che spettano alla competenza concorrente delle Regioni, edilizia inclusa.

 

In particolare, la Consulta respingendo i ricorsi di Val d’Aosta/Vallée d’Aoste,  Toscana, Liguria, Emilia-Romagna e Puglia dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale poste in ordine all’art. 49 commi 4 bis e 4 ter D.L. 31 maggio 2010 n. 78, convertito con modificazioni dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, nella parte in cui, rispettivamente: a) con riferimento ad ambiti non edilizi, prevedono dettagliatamente i moduli procedimentali destinati a sostituire in modo automatico tutte le discipline regionali in materia di D.I.A e le modalità d’intervento attraverso l’esercizio del potere d’inibizione e di conformazione dell’attività, violerebbe spazi di legislazione regionale residuale; b) qualificando la disciplina della S.C.I.A. come attinente alla tutela della concorrenza e costituente livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, nonché stabilendo che la nuova disciplina sulla S.C.I.A. si sostituisce a quella già esistente in tema di D.I.A., con conseguente modifica non soltanto della previgente normativa statale ma anche regionale, violerebbe le competenze regionali quali il governo del territorio, la tutela della salute, l’ordinamento degli uffici regionali, l’artigianato, il turismo, il commercio.

 

Secondo i giudici della Consulta, la disciplina contestata si applica alla generalità dei cittadini e perciò va al di là della concorrenza, anche se si ammette- possono esservi casi specifici in cui tale materia venga in rilievo.

 

Precisa, poi, la Consulta che il parametro di cui all’art. 117 II c. lett. m) consente di  restringere l’autonomia legislativa regionale per meglio garantire l’uniformità di godimento dei diritti civili e sociali tutelati dalla Costituzione.

 

Chiarisce la Corte che si deve applicare “le considerazioni svolte  in via generale anche alla SCIA in materia edilizia, come stabilisce l’art. 5, comma 1, lettera b), e comma 2, lettere b) e c), del d.l. n. 70 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2011, entro i limiti e con le esclusioni previsti”. Atteso infatti che la normativa contestata riguarda soltanto il momento iniziale di un intervento di semplificazione procedimentale e precisato che la SCIA non si sostituisce al permesso di costruire  -i cui ambiti applicativi restano disciplinati in via generale dal Testo Unico sull’Edilizia-, è chiaro che le esigenze di semplificazione e di uniforme trattamento sull’intero territorio nazionale valgano anche per l’edilizia. È ben vero che questa, come l’urbanistica, rientra nel «governo del territorio», materia appartenente alla competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni (art. 117, terzo comma, Cost.). Tuttavia - a prescindere dal rilievo che in tale materia spetta comunque allo Stato dettare i principi fondamentali (nel cui novero va ricondotta la semplificazione amministrativa), è vero del pari che nel caso di specie il titolo di legittimazione dell’intervento statale nella specifica disciplina della SCIA si ravvisa nell’esigenza di determinare livelli essenziali di prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, compreso quello delle Regioni a statuto speciale. In altri termini, si è in presenza di un concorso di competenze che, nella fattispecie, vede prevalere la competenza esclusiva dello Stato, essendo essa l’unica in grado di consentire la realizzazione dell’esigenza suddetta.

 

Ne discende la declaratoria di infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale esaminate.

 

 

 

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